mercoledì 7 agosto 2013

Raccontare storie d'azienda per avere prodotti o servizi, un brand, una vision.


La nuova tendenza della comunicazione digitale è sempre più connessa al racconto di storie incentrate sui dipendenti di un’azienda o sugli utenti consumatori finali. Corporate storytelling, lo definiscono gli addetti ai lavori. E più prosaicamente significa per un brand mettersi in gioco, raccontarsi ai propri pubblici (che vengono chiamati lettori), “mitizzare” il proprio posizionamento. «Lo storytelling aiuta a riprogettare il racconto di impresa, attiva relazioni profonde tra il brand e il pubblico. C’è di più: lo storytelling aiuta a definire i destini tra i pubblici ai quali si rivolge», mi ha raccontato qualche settimana fa Andrea Fontana, docente di storytelling e narrazione di impresa all’Università di Pavia, in un pezzo che uscirà a breve sull’app de La Vita Nova del Sole24Ore.
Invece in rete qualche giorno fa ho scovato un interessante post di Dave Kerpen, CEO di Likeable, esperto di tematiche digitali, columnist per il New York Times e autore di una serie di volumi sui social network e sul lavoro in rete. “I consumatori non si preoccupano di te, si preoccupano principalmente di loro stessi. E un brand è meglio spiegato se narrato grazie alle storie. Quando si racconta la storia dell’azienda, si diventa più facilmente riconoscibili, ci si distingue, si eccelle. E, in qualche modo si vende di più. I social media permettono oggi di raccontare le storie su scala globale e in modo esponenziale, e permettono di costruire relazioni forti con i clienti. Così oggi la narrazione è libera e molto più accessibile grazie ai nuovi media”. Così ha scritto Kerpen.
Ecco di seguito una personalissima traduzione dei sette modi semplici evidenziati da Kerpen su come si possa diventare un narratore più efficace sui social media. Sotto ogni consiglio, un mio personale caso di successo, un esempio sul racconto di storie in azienda tra quelli recentemente studiati. I casi raccontano multinazionali o PMI d’eccellenza, Pubbliche Amministrazioni illuminate o ancora ONG che raccontano storie grazie alle nuove tecnologie.
1. Raccontate la storia del vostro brand. Ogni impresa ha un inizio interessante, magari la storia del fondatore. Così l’organizzazione ha un enorme potenziale per entrare in relazione con i clienti. Quando un consumatore ascolta la storia di come è nata l’azienda, si crea un collegamento emozionale immediato.
Uno degli esempi di maggior successo è rappresentato dalla video-story di Lego, che ha festeggiato i suoi primi ottant’anni di vita con un film d’animazione bello, coinvolgente, semplice e al tempo stesso emozionante. “Probabilmente avrete visto un mattoncino Lego. Ma vi siete mai chiesti come tutto è iniziato e il perché si chiama Lego?”, così esordisce il film pensato da Lego e prodotto da Lani Pixels. Anche in questo modo le imprese d’eccellenza si raccontano, creando un’epica sulla loro origine. E il mito si rafforza grazie alla rete.
2. Fate raccontare le storie d’azienda ai collaboratori. Il marchio ha persone reali alle spalle, e ognuno ha una storia da raccontare. Trovate le storie avvincenti e proponetele attraverso i social network.
Su questo punto vi segnalo il progetto di Alce Nero e realizzato con Giunti Editore “Cibo Vero”, un vero e proprio viaggio reale e digitale alla scoperta dei protagonisti del buon cibo, una fotografia dell’Italia agricola del biologico dalla Sicilia alle Dolomiti con gli agricoltori disposti a condividere racconti, idee, storie. Cibo Vero è diventato anche una pubblicazione, “Cibo Vero: storie di passione per la terra”, per Giunti Editore.
3. Ascoltate i clienti e consentite loro di narrare le storie sull’azienda. Sviluppare una storia che possa aiutare i consumatori a rispondere a ciò di cui hanno bisogno. Pensate a come i vostri clienti hanno ottenuto dei benefici dalla vostra azienda. Perché ogni azienda di successo ha molte storie di clienti ispirati alle spalle, storie da far emergere. Qualunque sia la vostra azienda, occorre solo capire come creare connessioni emozionali con i clienti. Il caso di successo che vi segnalo riguarda stavolta un ente pubblico: #Intimaumbria è un progetto della regione Umbria tra storytelling e gamification. L’obiettivo era la scoperta delle storie “intime” dell’Umbria. In gara nove squadre e ciascuna composta da un videomaker, un instagramer e un blogger. Tutte le storie sono state caricate su Umbria on the Blog, con il successivo voto della community
4. Sorprendete i vostri clienti nel raccontare storie. La cosa migliore da fare è raccontare storie sorprendenti ed emozionali sui social media, storie che partono dagli stessi clienti che diventano moderni testimonial del brand. Guardate ai vostri clienti più appassionati o quelli che hanno avuto le interazioni più significative con voi. Poi date loro gli strumenti per raccontare di voi, però partendo da loro stessi (e magari dalla loro personale esperienza d’acquisto). Con un po’ di incoraggiamento è possibile addirittura richiedere ai clienti di avviare un movimento di narrazione intorno al brand.
Su questo punto di Kerpen vi segnalo le narrazioni sottese al social commerce Blomming, una piattaforma con oltre ventiduemila “shop” attivati da artigiani. In questa community valgono le relazioni, non le metriche, ed ecco perché le attività di “narrazione” partecipata  sono protese all’ascolto e al divertimento. Per Blomming il riferimento è la definizione del 1998 di Jeff Bezos, fondatore di Amazon, che parlava di “Shoptainment”. Sia per i venditori sia per i compratori l’esperienza dev’essere quella ludica di interazione con i contenuti.
5. Inserite spesso le immagini nella narrazione. Una foto vale più di mille parole. La crescente popolarità dei social network fotografici come Pinterest e Instagram evidenzia proprio questo aspetto. Online le immagini possono potentemente mostrare il dietro le quinte della storia del vostro brand, il vostro ufficio e i vostri colleghi o collaboratori.
Fa scuola per questo punto la campagna “Salviamo le Alpi” promossa da Greenpeace. La community ha partecipato attivamente stampando il cartello “Qui Api al sicuro” e piantandolo nei propri orti, giardini o balconi, per poi procedere a diffondere le foto su Twitter con l’hashtag #SOSapi.
6. Inserite i video nella narrazione. Un video vale ancora più di mille parole. Da trenta secondi a pochi minuti, il video può catturare il pubblico in rete, rendono emotivamente accattivante e ancora più emozionale la storia. Così i brand si videoraccontano con successo in  modo originale, riuscendo a “mitizzare” la loro storia e appassionando l’utente consumatore finale.
Tutto questo si può cogliere nell’ultimo film di Enel. L’azienda ha raccontato i suoi cinquant’anni – ovvero 18.250 giorni – percorrendo 40 Paesi nel mondo e facendo firmare l’opera a 40 registi differenti scelti attraverso il crowdsourcing e poi allineati con conference call via Skype dal regista Kal Karman, a capo del progetto.
7. Siate empatici. Per raccontare storie occorre essere autentici, altrimenti non si riesce a costruire una relazione empatica con la propria community. Così le storie devono “umanizzare” l’azienda. Si può essere il migliore narratore del mondo, ma se non si utilizza la storia per convertire il pubblico in clienti, lo sforzo sarà privo di significato. Inoltre se si raccontano splendide storie a persone sbagliate anche la migliore storia non venderà.
Per questo punto di Kerpen vi segnalo la storia di una famiglia, di una latteria e di un sogno. Ovvero il video di “Sammontana”. Si tratta di un cortometraggio firmato dal filmaker fiorentino Virgilio Villoresi. Tutti gli effetti del video sono elaborati con la tecnica dello stop motion, muovendo gli oggetti dal vivo, per un totale di 3.550 scatti che in successione creano l’illusione del movimento. Il progetto nasce in collaborazione con Armando Testa.

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