venerdì 30 agosto 2013

IL MARKETING INTELLIGENTE DELLA BIRRA PERONI


Ho notato in Tv il nuovo spot della birra Peroni e ne sono rimasto entusiasta. I motivi della mia euforia derivano dalla scelta veramente smart di differenziare il posizionamento puntando forte sul concept "domenica in famiglia", espressione dell'italianità del brand e momento di consumo diverso dalla solita movida a cui gli spot delle birre ci hanno abituato. Queste due mosse consentono a Peroni di restare ben lontana dalla feroce concorrenza Beck's - Heineken presidiando un territorio di comunicazione tutto suo.  Complimenti. 



  

mercoledì 28 agosto 2013

Video virali, ecco perché Gangnam Style ha oltre un miliardo di clic

Gli scienziati dell'Ucla: scoperta la regione del cervello che decreta il successo di un contenuto social



ROMA - Il segreto dei video e contenuti virali su Facebook e Twitter è nel cervello. Se i video Kony 2012, Gangnam style e Call Me Maybe hanno avuto milioni di clic è perché hanno stimolato quella regione neurologica che individua cosa può essere più interessante non solo per noi, ma anche per gli altri.

Siamo, nativi digitali e non, appassionati del web o meno, geneticamente strutturati per condividere, espressione della natura sociale dell'umanità. Ma attenzione: gli esperti del marketing scomodano anche il nostro narcisismo: un contenuto online diventa virale quando ci fa sembrare più intelligenti. Matthew Lieberman, è un professore della Ucla (University of California, Los Angeles), sta scrivendo un libro dal titolo "Social: perché il nostro cervello è cablato per la connessione". «Non appena leggeiamo un'informazione sul web, stiamo già utilizzando quell'area del cervello coinvolta nel pensare come un contenuto può essere interessante per altre persone» ha detto il ricercatore. La parte del cervello che si attiva è chiamata TPJ, Temporo-parietale Junction.

Come far diventare virale un contenuto su Facebook, Twitter o YouTube? Secondo il ricercatore si deve essere in grado di stimolare quella particolare area del cervello. Lo studio di è stato pubblicato su Psychological Science : i ricercatori hanno creato una mappa delle regioni cerebrali associate a idee che possono diventare contagiose sottoponendo alcuni studenti a test. E' stato chiesto loro di valutare quali progetti televisivi pilota erano i migliori. «Prima di questo studio, non sapevamo quali regioni del cervello sono associate le idee che diventano contagiose» ha dettoLieberman. «Siamo costantemente esposti a informazioni su Facebook, Twitter - ha aggiunto - Alcune le ignoriamo, altre no, c'è qualcosa che si attiva nell'elaborare le informazioni».



La scoperta secondo gli scienziati potrebbe essere usata per campagne di salute pubblica per combattere il cancro, il fumo e l'obesità. Si spera, invece, che la scoperta non venga applicata in campo pubblicitario dove si fanno passi da giganti: l'agenzia pubblicitaria tedesca Bbdo riesce a trasmettere pubblicità tramite i finestrini del treno in modo tale che il suono, le parole possano sembrare provenire da dentro la testa del passeggero. Il progetto si basa su tecnologie a conduzione ossea, una tecnica che trasmette il suono all'orecchio interno trasmettendo vibrazioni attraverso il cranio. Per creare contenuti virali bisogna pensare come un dj radiofonico. Lieberman fa un interessante esempio: «Su internet agiamo un po' come i dj radiofonici che condividono le cose che possiamo ritenere interessanti per gli altri».

Siamo narcisisti. Secondo Jonah Berger professore marketing University of Pennsylvania autore del bestseller "Contagious: Why Things Catch On" spiega come gli utenti del web spesso condividano contenuti perché vogliono apparire più intelligenti.

Il successo virale è anche nelle mani del caso. Sempre Jonah Berger spiega lo straordinario successo di vendite del barre di cioccolato Candy Marte (Marte è il nome del produttore) mentre la Nasa conquistava Marte con la sonda Curiosity che trivellato e prelevato un campione di roccia marziana
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martedì 27 agosto 2013

Marketing virale: il passaparola 2.0

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È virale un messaggio che si diffonde sul web alla velocità di un’infezione: campagne pubblicitarie di questo tipo possono raggiungere visualizzazioni spropositate, toccando milioni di persone. Ma cos’è essenzialmente il viral marketing? E il non-conventional marketing? Quali possibilità abbiamo per far diventare i nostri contenuti virali?
Iniziamo dalle basi: esattamente, e in maniera semplice, ci spieghi che cosa vuol dire viral marketing?
Il marketing virale è l’evoluzione della forma più antica di promozione, il passaparola
Oggi Internet è una gigantesca rete di connessioni tra persone che scambiano consigli e opinioni tra loro. Se un messaggio è ritenuto interessante da un utente questo lo condivide con la propria rete di contatti. Se i suoi contatti lo condividono a loro volta il messaggio raggiunge un numero esponenziale di utenti propagandosi velocissimo come un virus: da qui il termine virale.
E non conventional marketing?
Il Marketing non convenzionale è l’unico modo efficace per comunicare on-line. Per riuscire a ottenere l’attenzione degli utenti, in un ambiente affollato di stimoli come il web, bisogna trovare modi sempre nuovi di comunicare.
Qualche tempo fa, sul blog di Likeable – società di comunicazione americana specializzata in social media marketing – il presidente della società scrisse: “Non esiste una ricetta per rendere virale un video”. È davvero così?
Verissimo. Prima di tutto è necessario capire che non esiste una viralità assoluta: un contenuto può essere virale per un gruppo di utenti ma irrilevante per altri. Per esempio i 93 milioni di persone che hanno visto il video Kony 2012 (documentario che promuove una campagna umanitaria di Invisible Children, link: http://youtu.be/Y4MnpzG5Sqc), è un pubblico differente degli 85 milioni che hanno visto Nyan Cat (cartoon di un ipnotico gatto volante, link: http://youtu.be/QH2-TGUlwu4).
Quando si realizza un video destinato alla condivisione on-line bisogna conoscere il proprio target, i suoi interessi e i suoi linguaggi. Se si centra questo obiettivo i risultati sono assicurati.
Quanto conta il web per la diffusione di un brand e come possiamo misurare il ROI (Return On Investment, il ritorno in termini di vendite di un messaggio pubblicitario) delle nostre campagne?
Il web è un canale potentissimo per promuovere un brand. La possibilità di incuriosire con un video e fornire informazioni dettagliate sul proprio prodotto,  la rapidità della vendita diretta e la facilità con cui si può instaurare un dialogo con i propri clienti, sono tutti indubbi vantaggi per il settore commerciale. 
Gli strumenti digitali forniscono dati dettagliatissimi per valutare il ritorno sull’investimento. L’enorme mole di informazione disponibile pone però un rischio di sovraccarico informativo. Bisogna avere i giusti strumenti ed essere in grado di interpretarli.
Seth Godin usa la metafora della “mucca viola” per spiegare che nel comunicare la propria azienda occorre uscire dall’ordinario, stupire, essere diversi. Quanto conta la creatività nel marketing?
Nel marketing tradizionale a mezzo TV, stampa e affissione il primo parametro per una buona campagna è il numero di esposizioni. Vale la regola che qualsiasi messaggio ripetuto un alto numero di volte, raggiunge il destinatario.
Su Internet basta un click per neutralizzare un annuncio invasivo o ritenuto non interessante. La creatività deve essere la base in una strategia di marketing virale. Se riesco ad incuriosire, stupire o emozionare il mio target, questo diventa ambasciatore della mia comunicazione. Solo un messaggio interessante viene condiviso, innescando così il processo di diffusione virale.

Fonte Immagine: Utente Flickr Dell’s Official Flickr Page) 

venerdì 23 agosto 2013

Le 10 strategie di marketing con cui Apple ti conquista

La fidelizzazione secondo Apple: ecco come questo brand agisce sulla loyalty del suo mercato.


1) Sei quello “cool”. Oppure sei l’altro.

Negli anni Apple ha perfettamente posizionato i suoi prodotti come alternativa hippy ai device anonimi dei colletti bianchi. E così è stato fino alla serie di spot “I’m a Mac” che hanno associato definitivamente il logo di Cupertino al fascino e al bell’aspetto. Come dire: un Mac ti fa più bello. 

2) I’m the news!

Il successo di Apple è stato senz’altro costruito su una profondissima e sofisticata conoscenza dell’hardware, dei software e dei mercati. A questa si è comunque aggiunta una grande fiducia nella potenza della comunicazione globale. Gli uomini di Jobs hanno sempre saputo gestire l’attenzione dei media, sfruttandone a proprio vantaggio i meccanismi interni. Che ne dite degli iPhone dimenticati maldestramente nei bar? Qualcuno ci crede sul serio? 

3) No supermarket

Quando Apple ha deciso di ritirare i propri prodotti dai grandi magazzini qualcuno li ha accusati di snobismo. In realtà fu un colpo di genio. Ancora oggi chi fa un acquisto in un Apple Store vive la vaga e magica impressione di ritrovarsi tra le mani un dispositivo realizzato e confezionato espressamente per lui. Ed ogni cliente si sente parte di un grande club esclusivo. 

4) Addiction

I prodotti si integrano così alla perfezione gli uni con gli altri che sperare di comprarne uno soltanto sarebbe un po’ come chiedere ad uno spacciatore di avere soltanto la prima dose. Sanno che ne vorrai un’altra, e poi un’altra ancora, e dovrai tornare da loro. Cercare alternative, altri marchi e altri prodotti, è sostanzialmente uno spreco di tempo. 
5) Back to the future
Apple non consegna ai clienti ciò che vogliono. Presenta loro ciò che vorranno. Studia le abitudini dei consumatori, ne intuisce le esigenze future, orienta il gusto del domani. Vedono avanti. E vedono bene. 

6) L’azienda più leggera del mondo

C’è qualcun altro che lavora in Apple a parte Steve Jobs? Di fatto tutti gli altri collaboratori sono sempre stati assenti dalla scena dei media (almeno fino all’ingresso di Tim Cook al posto dello stesso Jobs, lo scorso agosto). Un’intera compagnia automatizzata? La verità è che Apple negli anni ha esternalizzato il più possibile, volatilizzando l’intero processo produttivo fino quasi a sciogliere l’azienda in idea e nient’altro. Così i soli contatti che il pubblico intrattiene direttamente col marchio sono sempre controllati. E quindi positivi.

7) Con te tutto il giorno

Potenzialmente non c’è un solo momento all’interno della giornata in cui non potresti aver bisogno di un prodotto Apple: laptop, Apple TV, iPod, iTunes, iPhone, iPad. Con te tutto il giorno. Dal letto al tram, dall’ufficio al divano. Quella mela starà con te più di tua figlia.

8) Stay young

Apple ha sempre compreso quanto sia importante, per una compiuta fidelizzazione, poter contare su un target molto giovane. Come si dice: prenderli quando sono giovani e impressionabili. Da anni porta avanti un’acuta politica di incentivi per entrare nelle scuole e nei college degli Usa. Un po’ inquietante forse (sembra Orwell) però molto efficace. 

9) Stay easy

La semplicità è sexy. E’ ciò che è sexy si vende meglio. L’intera filosofia Apple poggia su un’idea complessiva di semplicità, immediatezza ed eleganza facile. Packaging, design, sistema operativo, interfaccia, acquisti e assistenza: tutto facile. Il cliente si sente soddisfatto, gratificato e pure un po’ in gamba. 

10) Un culto

Una divinità (Steve Jobs), un profeta (Guy Kawasaki), le chiese (Apple Stores), il grande pellegrinaggio (Apple Expo). Le persone non si limitano a comprare prodotti Apple, la adorano come religione. Il brand di Cupertino è oggi l’unica azienda al mondo a non avere clienti. Soltanto fan.

mercoledì 21 agosto 2013

Gli Intoccabili di Erik Ravelo

Progetto fotografico ad opera dell'artista cubano ERIK RAVELO


BRASIL3

JAPAN3

mckdonalds3

SIRIA3

THAILANDIA3

USA3

Guerrilla Marketing




Diesel ::: beamvertising




Campagna beamvertising firmata +Diesel  a Roma e Milano. La proiezione mostra una papessa, il claim
 I Resurrect The Destructed ed il sito internet dedicato alla campagna pubblicitariaIl progetto nasce dal nuovo direttore creativo Nicola Formichetti che sembra voler sottolineare la volontà di resettare tutto per attuare una rivoluzione creativa attraverso l'hashtag ufficiale #dieselreboot. 

martedì 20 agosto 2013

DAKE ANCHE SU FACEBOOK



Venite a trovarci sulla nostra pagina Facebook "Dake Advertising", li potrete scoprire molti altri contenuti interessanti sul marketing a 360°.
Vi aspettiamo.  https://www.facebook.com/dakeadvertising

Damiano Bordogna  CEO  Dake Advertising

Nasce la nuova era del Marketing 3.0

Un nuovo studio applicato di Kotler, Kartajaya e Setiawan , dal titolo Marketing 3.0 - presenta le linee essenziali di un nuovo paradigma di marketing in grado di superare i limiti concettuali e operativi del sistema che si è andato sviluppando nel tempo.  Il marketing oggi praticato dalle imprese dei Paesi sviluppati si fonda, infatti, su un modello basato soprattutto sulla persuasione, la conquista e la manipolazione del 
consumatore finale. Non a caso, nell'accezione comune il termine "marketing" viene spesso considerato sinonimo di pubblicità o vendita. La conseguenza è che le imprese sono sempre meno in grado di cogliere i grandi trend della società e del mercato. Occorre quindi ripensare il marketing stesso, ed è ciò 
che fanno i tre autori proponendo nel libro un nuovo modello concettuale che costituisce la naturale evoluzione del marketing sia 1.0 che 2.0.
Il Marketing 1.0 è quello esemplificato dalla mitica Ford T, e che si è sviluppato nella prima fase dell'era industriale, quella della produzione di massa in cui il problema fondamentale dell'impresa era quello di creare prodotti in grado di sfruttare al massimo le potenzialità di quel tipo di produzione. Il marketing aveva allora solo il compito di facilitare l'assorbimento da parte del mercato di volumi crescenti di prodotti standardizzati proposti a prezzi tali da consentirne l'acquisto da parte della gran massa dei consumatori.
La seconda fase - del Marketing 2.0 - è sostanzialmente quella attuale, caratterizzata dallo sviluppo della società dell'informazione. La funzione del marketing si è evoluta per consentire all'impresa di comprendere e soddisfare un consumatore sempre più informato ed esigente, dotato di un potere crescente che lo rende protagonista del mercato.
La fase del Marketing 3.0, infine, è quella che sta decollando e che costituisce l'ulteriore sviluppo del precedente. Il concetto di consumatore evolve verso un livello superiore di persona, soggetto non  solo di bisogni ma anche e soprattutto di sentimenti, valori ed emozioni. Kotler e soci affermano chiaramente che il Marketing 3.0, pur continuando a essere orientato a soddisfare i bisogni e le esigenze del consumatore, amplia in modo decisivo l'ambito di riferimento nel quale se ne collocano i bisogni e le esigenze.
In tempi come quelli attuali, caratterizzati da grandi cambiamenti strategici, sociali, economici e ambientali, non è più possibile considerare i comportamenti del consumatore/persona come indipendenti da tutto ciò che si manifesta nel mondo in cui vive ed opera. 
Il Marketing 3.0 costituisce quindi la risposta organica ai grandi cambiamenti in atto e a tal scopo va  riformulato in funzione delle tre grandi forze che caratterizzano l'era attuale: lo sviluppo delle tecnologie della connettività e dell'interattività; la globalizzazione; lo sviluppo della società creativa.
La conclusione è che il marketing si trova di fronte al cambiamento più radicale della sua storia, un cambiamento né facile né breve come tutte le "rivoluzioni culturali" nella storia del pensiero. Se le imprese dovranno realizzare prodotti e servizi sempre più capaci di soddisfare le esigenze profonde di 
partecipazione, creatività, comunità e idealità dei consumatori/persone, i modelli organizzativi sin qui applicati dovranno essere rivisti per renderli adatti alle nuove realtà. 
Certo, il marketing dovrà salvaguardare molte delle impostazioni precedenti, ma dovrà progressivamente modificare l'impostazione tradizionale, sostanzialmente verticale e gerarchica, per coinvolgere sempre più le comunità e le reti di consumatori - in particolare i social networks - che ormai dominano la realtà di oggi.
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giovedì 15 agosto 2013

L'advertising interattivo è realtà

"The Drum Poster": l'advertising interattivo è realtà
E se anche i poster potessero “parlare”, avere un’interfaccia interattiva? La nuova frontiera dell’advertising potrebbe essere quella di rendere smart un elemento da sempre caratterizzato dalla staticità: i poster pubblicitari.
Dal team di Novalia arriva “The Drum Poster“, un manifesto dotato di sensibilità touch proprio come uno smartphone e che se toccato trasforma il disegno di una batteria… in un vero strumento musicale!

La tecnologia utilizzata funziona direttamente tramite il manifesto oppure collegandosi al vostro iPhone o iPad e facendo suonare la batteria in modalità wireless attraverso il dispositivo iOS.
Ma vi starete chiedendo, com’è possibile tutto questo? La stampa grafica del manifesto ha un retro realizzato con inchiostro conduttivo e sensori tattili. A questi è collegato un circuito elettronico che controlla la capacità di ciascuno dei sensori della batteria (in questo caso) ed è in grado di rilevare quando il cartellone-batteria è toccato, così, a seconda della tecnologia usata, si può giocare con i suoni direttamente dal manifesto oppure attraverso il proprio device.
"The Drum Poster": l'advertising interattivo è realtà
#WHATWILLYOUSWITCH? E’ la domanda che si è posta il team di Novalia alla quale ha risposto in maniera originale con questa innovativa tecnologia… https://www.facebook.com/dakeadvertising

lunedì 12 agosto 2013

Le tendenze del consumo dei media online

Da una ricerca chiesta da Google a The Boston Consultin Group di aprile 2013, il valore economico del consumo mediatico si è spostato in gran pare sul web e il surplus del consumatore derivante dal canale online, cioè il valore positivo percepito dal consumatore oltre al prezzo pagato per usufruire del servizio acquistato, supera quello derivante dal canale offline. Lo studio dimostra che in 9 paesi europei una percentuale compresa tra il 40% e il 60% del valore percepito dai mezzi di informazione deriva dal consumo dei media online.

Dalla ricerca emergono alcuni importanti risultati: il costo medio annuo dei prodotti mediatici per un consumatore europeo è di circa 2100 euro, di questi 1100 sono spesi online, l’utilizzo dei media online è esteso a tutte le fasce d’età e una parte consistente dei consumatori dichiara che la qualità dei contenuti online è ritenuta più elevata di quelli tradizionali.

In particolare, negli ultimi tre anni si è avuto, sempre secondo il parere dei consumatori, un miglioramento generale dei prodotti mediatici online ed è riposta fiducia nel fatto che questo miglioramento sia destinato ad aumentare progressivamente, sia grazie alla penetrazione di dispositivi fissi e mobile nella popolazione sempre più accentuata, sia grazie alle opportunità che i produttori di contenuti multimediali ed editoriali hanno di fronte a sé.


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venerdì 9 agosto 2013

L'importanza dei Social Network per le aziende

Le Aziende, visto il largo uso che la gente fa dei social network, hanno ormai ben inteso quanto possa essere vantaggioso puntare su questa strategia “virtuale”.

Tutti usiamo i social network per comunicare, condividere eventi e idee, informarci e per farci conoscere in rete.  Recentemente, a fronte della maggiore conoscenza degli strumenti del web e della diffusione di questi ultimi, il social network è diventato parte della vita di tutti.
In termini di analisi della soddisfazione e dei risultati ottenuti dai venditori, i social network ricoprono un ruolo non indifferente. Di conseguenza, si diffonde a macchia d’olio l’opinione che sia ormai parte del marketing moderno avere una presenza sui social network. Molti riconoscono in siti come Linkedin, Facebook e Twitter le migliori piattaforme in grado di pubblicizzare l’immagine della propria compagnia e di conseguenza di aumentare concretamente le vendite.
ZenWeb Grazie all’utilizzo dei Social Network ha sempre ottenuto dei risultati brillanti: incremento dei visitatori, diminuzione della frequenza di rimbalzo, aumento della durata delle visite e tanto altro. Ma qual’è l’importanza per Google di utilizzare i canali Social per promuovere il proprio Blog, portale o servizio che sia? Può realmente aiutare anche a livello di Serp queste operazioni?
Da recenti ricerce si è riscontrato che collegare i siti web ai social permette alle società una strategia di Social Media Marketing mirata massimizzando i profitti. Analizzando anche i dati dei motori di ricerca si riscontra l'importanza dei social network all’interno della Serp di Google. I risultati? Scopriamoli insieme
Google+ (follower): Un sito promosso attraverso la rete di connessioni sociali, porta i follower alla business page di Google+ linkata dal sito.
Risultato: Guadagno di posizioni in Google e feedlizzazzione dell'utente.
Google+ (voti): Un sito di contenuti promosso attraverso la rete di connessioni sociali, porta indicizzazzione al sito web senza dover investire in pubblicità.
Risultato: Guadagno di posizioni in Google e indicizzazzione organica dei contenuti.
Facebook: Un sito promosso attraverso la rete di connessioni sociali, porta condivisioni al sito e un incremento dei like alla business page di Facebook linkata dal sito.
Risultato: Guadagno di posizioni in Google e fidelizza
zione dell'utente.
Twitter (tweet): Un sito promosso attraverso la rete di connessioni sociali (e di retweet); in totale sono stati ottenuti 50 fra tweet e retweet, che puntavano alla home page del sito.
Risultato: Guadagno di posizioni in Google e indicizzazzione dei contenuti.
Twitter (follower): Un sito promosso attraverso la rete di connessioni sociali, portato una rete di follower all’account linkato al sito web stesso.
Risultato:  Guadagno di posizioni in Google e feedelizzazzione dell'utente.
Nessuna attività sui social: Se su un sito non è stata svolta alcuna attività sui social troverà grosse difficolta ad ottenere visibilità
Risultato: Perdita di posizioni in Google e sito invisibile ai motori di ricerca.
Sembra quindi abbastanza palese che Google  e i principali motori di ricerca tengano principalmente conto delle attività svolte all’interno dei Social Network rispetto a tutti gli altri canali di comunicazione, ma che comunque sia, tutte le attività di questo tipo possano influire positivamente nei risultati di ricerca.

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mercoledì 7 agosto 2013

Raccontare storie d'azienda per avere prodotti o servizi, un brand, una vision.


La nuova tendenza della comunicazione digitale è sempre più connessa al racconto di storie incentrate sui dipendenti di un’azienda o sugli utenti consumatori finali. Corporate storytelling, lo definiscono gli addetti ai lavori. E più prosaicamente significa per un brand mettersi in gioco, raccontarsi ai propri pubblici (che vengono chiamati lettori), “mitizzare” il proprio posizionamento. «Lo storytelling aiuta a riprogettare il racconto di impresa, attiva relazioni profonde tra il brand e il pubblico. C’è di più: lo storytelling aiuta a definire i destini tra i pubblici ai quali si rivolge», mi ha raccontato qualche settimana fa Andrea Fontana, docente di storytelling e narrazione di impresa all’Università di Pavia, in un pezzo che uscirà a breve sull’app de La Vita Nova del Sole24Ore.
Invece in rete qualche giorno fa ho scovato un interessante post di Dave Kerpen, CEO di Likeable, esperto di tematiche digitali, columnist per il New York Times e autore di una serie di volumi sui social network e sul lavoro in rete. “I consumatori non si preoccupano di te, si preoccupano principalmente di loro stessi. E un brand è meglio spiegato se narrato grazie alle storie. Quando si racconta la storia dell’azienda, si diventa più facilmente riconoscibili, ci si distingue, si eccelle. E, in qualche modo si vende di più. I social media permettono oggi di raccontare le storie su scala globale e in modo esponenziale, e permettono di costruire relazioni forti con i clienti. Così oggi la narrazione è libera e molto più accessibile grazie ai nuovi media”. Così ha scritto Kerpen.
Ecco di seguito una personalissima traduzione dei sette modi semplici evidenziati da Kerpen su come si possa diventare un narratore più efficace sui social media. Sotto ogni consiglio, un mio personale caso di successo, un esempio sul racconto di storie in azienda tra quelli recentemente studiati. I casi raccontano multinazionali o PMI d’eccellenza, Pubbliche Amministrazioni illuminate o ancora ONG che raccontano storie grazie alle nuove tecnologie.
1. Raccontate la storia del vostro brand. Ogni impresa ha un inizio interessante, magari la storia del fondatore. Così l’organizzazione ha un enorme potenziale per entrare in relazione con i clienti. Quando un consumatore ascolta la storia di come è nata l’azienda, si crea un collegamento emozionale immediato.
Uno degli esempi di maggior successo è rappresentato dalla video-story di Lego, che ha festeggiato i suoi primi ottant’anni di vita con un film d’animazione bello, coinvolgente, semplice e al tempo stesso emozionante. “Probabilmente avrete visto un mattoncino Lego. Ma vi siete mai chiesti come tutto è iniziato e il perché si chiama Lego?”, così esordisce il film pensato da Lego e prodotto da Lani Pixels. Anche in questo modo le imprese d’eccellenza si raccontano, creando un’epica sulla loro origine. E il mito si rafforza grazie alla rete.
2. Fate raccontare le storie d’azienda ai collaboratori. Il marchio ha persone reali alle spalle, e ognuno ha una storia da raccontare. Trovate le storie avvincenti e proponetele attraverso i social network.
Su questo punto vi segnalo il progetto di Alce Nero e realizzato con Giunti Editore “Cibo Vero”, un vero e proprio viaggio reale e digitale alla scoperta dei protagonisti del buon cibo, una fotografia dell’Italia agricola del biologico dalla Sicilia alle Dolomiti con gli agricoltori disposti a condividere racconti, idee, storie. Cibo Vero è diventato anche una pubblicazione, “Cibo Vero: storie di passione per la terra”, per Giunti Editore.
3. Ascoltate i clienti e consentite loro di narrare le storie sull’azienda. Sviluppare una storia che possa aiutare i consumatori a rispondere a ciò di cui hanno bisogno. Pensate a come i vostri clienti hanno ottenuto dei benefici dalla vostra azienda. Perché ogni azienda di successo ha molte storie di clienti ispirati alle spalle, storie da far emergere. Qualunque sia la vostra azienda, occorre solo capire come creare connessioni emozionali con i clienti. Il caso di successo che vi segnalo riguarda stavolta un ente pubblico: #Intimaumbria è un progetto della regione Umbria tra storytelling e gamification. L’obiettivo era la scoperta delle storie “intime” dell’Umbria. In gara nove squadre e ciascuna composta da un videomaker, un instagramer e un blogger. Tutte le storie sono state caricate su Umbria on the Blog, con il successivo voto della community
4. Sorprendete i vostri clienti nel raccontare storie. La cosa migliore da fare è raccontare storie sorprendenti ed emozionali sui social media, storie che partono dagli stessi clienti che diventano moderni testimonial del brand. Guardate ai vostri clienti più appassionati o quelli che hanno avuto le interazioni più significative con voi. Poi date loro gli strumenti per raccontare di voi, però partendo da loro stessi (e magari dalla loro personale esperienza d’acquisto). Con un po’ di incoraggiamento è possibile addirittura richiedere ai clienti di avviare un movimento di narrazione intorno al brand.
Su questo punto di Kerpen vi segnalo le narrazioni sottese al social commerce Blomming, una piattaforma con oltre ventiduemila “shop” attivati da artigiani. In questa community valgono le relazioni, non le metriche, ed ecco perché le attività di “narrazione” partecipata  sono protese all’ascolto e al divertimento. Per Blomming il riferimento è la definizione del 1998 di Jeff Bezos, fondatore di Amazon, che parlava di “Shoptainment”. Sia per i venditori sia per i compratori l’esperienza dev’essere quella ludica di interazione con i contenuti.
5. Inserite spesso le immagini nella narrazione. Una foto vale più di mille parole. La crescente popolarità dei social network fotografici come Pinterest e Instagram evidenzia proprio questo aspetto. Online le immagini possono potentemente mostrare il dietro le quinte della storia del vostro brand, il vostro ufficio e i vostri colleghi o collaboratori.
Fa scuola per questo punto la campagna “Salviamo le Alpi” promossa da Greenpeace. La community ha partecipato attivamente stampando il cartello “Qui Api al sicuro” e piantandolo nei propri orti, giardini o balconi, per poi procedere a diffondere le foto su Twitter con l’hashtag #SOSapi.
6. Inserite i video nella narrazione. Un video vale ancora più di mille parole. Da trenta secondi a pochi minuti, il video può catturare il pubblico in rete, rendono emotivamente accattivante e ancora più emozionale la storia. Così i brand si videoraccontano con successo in  modo originale, riuscendo a “mitizzare” la loro storia e appassionando l’utente consumatore finale.
Tutto questo si può cogliere nell’ultimo film di Enel. L’azienda ha raccontato i suoi cinquant’anni – ovvero 18.250 giorni – percorrendo 40 Paesi nel mondo e facendo firmare l’opera a 40 registi differenti scelti attraverso il crowdsourcing e poi allineati con conference call via Skype dal regista Kal Karman, a capo del progetto.
7. Siate empatici. Per raccontare storie occorre essere autentici, altrimenti non si riesce a costruire una relazione empatica con la propria community. Così le storie devono “umanizzare” l’azienda. Si può essere il migliore narratore del mondo, ma se non si utilizza la storia per convertire il pubblico in clienti, lo sforzo sarà privo di significato. Inoltre se si raccontano splendide storie a persone sbagliate anche la migliore storia non venderà.
Per questo punto di Kerpen vi segnalo la storia di una famiglia, di una latteria e di un sogno. Ovvero il video di “Sammontana”. Si tratta di un cortometraggio firmato dal filmaker fiorentino Virgilio Villoresi. Tutti gli effetti del video sono elaborati con la tecnica dello stop motion, muovendo gli oggetti dal vivo, per un totale di 3.550 scatti che in successione creano l’illusione del movimento. Il progetto nasce in collaborazione con Armando Testa.

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martedì 6 agosto 2013

The New Era


Oggi il web è il primo mercato al mondo in cui domanda ed offerta si incontrano, fare marketing quindi presuppone la creazione di idee, contenuti, blog, condivisione di informazioni, news e prodotti, attraverso portali web e social network

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